SELENIO E TIROIDE
Selenio e tiroide: che relazione? Il selenio (Se), è un oligoelemento esistente in natura la cui presenza nell’organismo umano è fondamentale per il funzionamento di molti processi vitali.
La principale fonte di reperimento di selenio per l’uomo è l’alimentazione. Gli alimenti fonte naturale principale di selenio sono: fegato, pesce, molluschi, crostacei, latte e derivati, noci, arachidi, frutta, vegetali, funghi, riso, lievito di birra e carne. Negli alimenti il selenio può essere presente in tre forme diverse:
1) forma organica (seleno-metionina): assorbita più rapidamente e trattenuta più a lungo dai tessuti;
2) forma inorganica (selenite): dopo l’assorbimento deve subire alcune trasformazioni prima di poter essere utilizzata dall’organismo;
3) seleno-cisteina.
Tuttavia, negli ultimi anni, nella popolazione europea si è evidenziata una riduzione dell’introito di selenio con la dieta (in quanto gli alimenti ne sono sempre meno ricchi per motivazioni legate alle modalità di coltura dei campi), determinando una carenza di selenio con percentuali di deficit variabile nei vari paesi.
Tuttavia, la presenza si selenio è vitale in quanto questo elemento possiede funzioni di tipo difensivo e regolatorio nel nostro organismo.
Il selenio, infatti, è fondamentale per il funzionamento di alcuni enzimi, chiamati appunto seleno-proteine, i quali, senza questo elemento, non sono in grado di funzionare correttamente.
Esistono almeno trenta seleno-proteine ma quelle più importanti possono essere ridotte a tre:
a) la glutatione-perossidasi: enzima con azione antiossidante, in grado di ridurre gli effetti tossici dei radicali liberi, di ridurre la morte cellulare per apoptosi e di modulare la sintesi della tireoglobulina (TG) e degli ormoni tiroidei (T4, T3);
b) la iodiotironina deiodinasi: rappresentata da una famiglia di enzimi, noti anche come desiodasi (D1, D2, D3). Ciascuna isoforma ha una differente distribuzione tissutale e determina l’attivazione, o l’inattivazione, degli ormoni tiroidei a livello dei diversi organi. La presenza di selenio in concentrazione plasmatica sufficiente è fondamentale per il funzionamento di questi enzimi e, conseguentemente, per la produzione di ormone tiroideo attivo (T3).
c) la tioredoxina reduttasi: ha un’azione ossido-riduttiva per cui protegge dallo stress ossidativo.
Da quanto detto, pertanto, appare evidente che i principali enzimi per il cui funzionamento è necessaria la presenza di selenio, eplicano la loro azione nel metabolismo tiroideo.
Non a caso, infatti, la tiroide è il tessuto umano in cui vi è la più alta concentrazione di selenio ed al suo interno la concentrazione di selenio può rimanere stabile anche per molto tempo, indipendentemente dall’introito dietetico e dalla disponibilità nell’organismo.
Una conferma dello stretto legame fra tiroide e selenio è data dalla tireoperossidasi (TPO), enzima chiave per la sintesi della tireoglobulina e degli ormoni tiroidei. Dalle reazioni chimiche necessarie per la sintesi degli ormoni tiroidei in cui interviene la tireoperossidasi, tuttavia, si generano dei radicali liberi che sarebbero pericolosi e dannosi se non fosse attivo un sistema di difesa atto a proteggere la cellula tiroidea dal danno ossidativo. Questo sistema di difesa intra-tiroideo è rappresentato, in larga parte, proprio dall’enzima selenio-dipendente glutatione-perossidasi. Altri studi, inoltre, hanno dimostrato che a bassi livelli ematici di selenio corrisponde un aumento dello stress ossidativo e del danno a livello del tessuto tiroideo, con riduzione della produzione degli ormoni tiroidei e conseguente ipotiroidismo.
E’ probabile, pertanto, che una carenza di selenio possa innescare e mantenere una tiroidite autoimmune in pazienti predisposti allo sviluppo della malattia.
Pertanto la supplementazione di selenio potrebbe avere un grande impatto dato che la tiroidite cronica autoimmune è tra le patologie endocrine più frequenti, interessando circa il 10% della popolazione femminile ed il 2% di quella maschile. Inoltre, la tiroidite autoimmune è in progressivo aumento e rappresenta la causa più frequente di ipotiroidismo (50-80% dei casi).
Per questo motivo sono stati effettuati diversi studi scientifici per valutare gli effetti della somministrazione di selenio, da solo o associato all’ormone tiroideo (levotiroxina), in diverse disfunzioni tiroidee come: la tiroidite cronica autoimmune, l’ipotiroidismo subclinico, l’ipotiroidismo franco, il morbo di Basedow e le tireopatie in gravidanza.
In generale molti di questi studi dimostrano che nelle tiroiditi autoimmuni la somministrazione di selenio può determinare un significativo calo del titolo anticorpale (anticorpi anti TPO) ed una stabilizzazione del quadro ecografico.
Pertanto da questi studi preliminari emerge che è probabile che la supplementazione di dosi fisiologiche di selenio possa essere in grado di prevenire il peggioramento della funzione della ghiandola specie nelle tiroiditi autoimmuni. Questi risultati sono spiegabili sulla base di un’azione regolatoria diretta del selenio sul sistema immunitario, come dimostrato da altri studi presenti in letteratura scientifica.
Inoltre, la somministrazione di selenio, infine, potrebbe avere un ruolo positivo anche nelle donne con tiroidite autoimmune in gravidanza e nel ridurre il coinvolgimento oculare (oftalmopatia basedowiana) (prenota una visita oculistica) nel pazienti affetti da morbo di Graves.
In conclusione la carenza di selenio può avere un impatto cruciale, soprattutto nel caso di attivazione del sistema immunitario e quando la produzione di ormoni tiroidei è ridotta, come avviene nei casi di tiroidite cronica.
Sembra altresì evidente che, sebbene ulteriori studi scientifici siano ancora necessari, che la somministrazione di selenio possa produrre benefici nel caso di tireopatie autoimmuni.
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Dott. Massimiliano Andrioli
Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio
Centro EndocrinologiaOggi, Roma
viale Somalia 33A, Roma
tel/fax 0686391386
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Studio EndocrinologiaOggi, Lecce
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Bibiliografia
1) Nacamulli et al. Influence of physiological dietary selenium supplementation on the natural course of autoimmune thyroiditis. Clin Endocrinol 2010;73: 535-539.
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